Urti elastici bidimensionali

La maggior parte degli urti elastici che osserviamo nel quotidiano non avviene su una retta ma nel piano.
Basti pensare agli urti tra le palle del biliardo o tra le stone del curling: per mandare una palla in buca o allontanare dal centro la stone di un avversario è necessario che gli urti siano obliqui, cioè che le direzioni secondo cui si muovono i corpi siano diverse prima e dopo l’urto.
Se scriviamo la conservazione della quantità di moto totale nelle due componenti x e y e dell’energia cinetica totale del sistema per un urto elastico nel piano, troviamo:

Supponendo che le masse e le velocità iniziali dei corpi siano note, si tratta di un sistema di tre equazioni in quattro incognite che, quindi, in generale è indeterminato. Infatti, la dinamica di un urto obliquo dipende fortemente dalle dimensioni e dalla forma dei corpi che vi prendono parte, e, se non si ha alcuna informazione sulle direzioni dei corpi dopo l’urto, non è possibile stabilire le loro velocità finali.
C’è, tuttavia, un caso in cui dallo studio dell’urto obliquo possiamo ottenere qualche informazione aggiuntiva rispetto alla situazione di partenza: l’urto elastico tra due corpi che hanno la stessa massa e dei quali uno dei due è fermo, che è proprio, a pensarci bene, il caso delle palle da biliardo o delle stone del curling.

Consideriamo, allora, due corpi di massa m, il primo in moto con velocità iniziale v e il secondo fermo.
Supponiamo che il centro di massa del corpo fermo non si trova sulla traiettoria del centro di massa del corpo in moto, così da avere un urto obliquo e chiamiamo v1 e v2 le velocità finali dopo l’urto.
Mettendo a sistema la conservazione dell’energia cinetica totale con la conservazione della quantità di moto totale del sistema in forma vettoriale, abbiamo:

E semplificando:

La prima equazione ci dice che la velocità iniziale del corpo in movimento è la somma vettoriale delle velocità finali dei corpi dopo l’urto, ovvero la diagonale di un parallelogramma di cui v1 e v2 sono i lati.
D’altra parte la seconda equazione ci dice che v, v1 e v2 formano una terna pitagorica e, di conseguenza, il parallelogramma di cui v è diagonale è, in realtà, un rettangolo. Ne segue che v1 e v2 sono perpendicolari.

In un urto elastico obliquo tra due corpi di massa uguale dei quali uno è fermo, le velocità finali sono perpendicolari tra loro.

È bene precisare che questa proprietà non consente comunque di stabilire le direzioni delle velocità dopo l’urto senza ulteriori informazioni, in quanto esse continuano a dipendere dalla forma e dalle dimensioni dei corpi che prendono parte all’urto. È proprio questo fatto che consente al giocatore di biliardo di effettuare una moltitudine così ampia di tiri; se così non fosse, infatti, l’esito del tiro dipenderebbe solo dalla velocità iniziale impressa alla palla e non dalla bravura del giocatore nel colpire esattamente la porzione di pallina che dà la direzione desiderata.